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Una tragedia chiamata Nargis

In Birmania le vittime del ciclone sono almeno 15mila, 30mila i dispersi

06 maggio 2008

I numeri della tragedia causata dal passaggio del ciclone Nargis dal sud della Birmania, vanno assumendo proporzioni inimagginabili: al momento si parla di quindicimila morti accertati e trentamila dispersi. Questi numeri sono quelli che ha fornito oggi, parlando alla televisione di Stato, il ministro degli Esteri del Myanmar, Nyan Win, precisando che il governo sta ancora valutando i danni nei villaggi remoti dell'area del delta del fiume Irrawaddy, particolarmente colpita dal ciclone, includendo Rangoon, la più grande città del paese del sud-est asiatico.
Sempre Nyan ha aggiunto che sono 30.000 le persone disperse in tutto il Paese, e che soltanto nella città di Bogalay le vittime sono diecimila.

Il catastrofico bilancio delle vittime e dei dispersi, purtroppo ancora provvisorio, è stato confermato dal ministro degli Esteri della confinante Thailandia, Noppadol Pattama, al termine di un colloquio con l'ambasciatore birmano a Bangkok, Ye Win. Appare quindi destinato ad aggravarsi ulteriormente il bilancio della peggiore catastrofe naturale del genere registrata in Asia dal '91, quando in Bangladesh morirono 143.000 persone. Secondo fonti dei servizi di soccorso approntati dalle Nazioni Unite, già adesso i senzatetto sono nell'ordine delle centinaia di migliaia, ma potrebbero ben presto risultare milioni.

La giunta militare birmana, visto le dimensioni della catastrofe, sembra abbia accettato l'offerta di aiuti internazionali attraverso le Agenzie dell'Onu. Lo hanno reso noto le Nazioni Unite, spiegando che i primi aiuti partiranno subito. Anche la Casa Bianca ha annunciato l'invio di aiuti ma ha sottolineato che prenderà precauzioni per evitare che i fondi possano essere usati in altro modo dalla giunta militare birmana. Anche il Ministero degli Affari Esteri italiano, attraverso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, ha erogato un contributo immediato di 123.000 euro in risposta all'appello della Ficross (Federazione Internazionale delle Croci Rosse e delle Mezze Lune Rosse).

Del resto la macchina degli aiuti internazionali si è già messa in moto. "Sappiamo che centinaia di migliaia di persone hanno bisogno di un riparo e di acqua potabile", ha dichiarato da Bangkok Richard Horsey, dell'ufficio delle Nazioni Unite per l'emergenza disastri, "ma non siamo in grado di quantificare il numero esatto". La tempesta tropicale di categoria 3, che sabato si è abbattuta sulle coste meridionali della Birmania con raffiche di vento a 190 chilometri orari, ha spazzato via interi villaggi e lasciato senza energia elettrica cinque regioni, tra cui anche Rangoon che conta cinque milioni di abitanti.
Il portavoce della Federazione della Croce Rossa internazionale, Michael Annear, ha riferito che l'organizzazione ha già distribuito 5.000 litri d'acqua potabile, pasticche di cloro per la potabilizzazione, kit di sopravvivenza, zanzariere, teli di plastica e coperte. "Abbiamo cercato di raggiungere le zone più isolate - ha spiegato Annear - ma molte strade sono inaccessibili". Ad ostacolare i soccorsi, secondo fonti della dissidenza, sono anche le restrizioni agli spostamenti imposte dalla giunta militare alle organizzazioni umanitarie. Una legislazione imposta alle organizzazioni umanitarie nel 2006, infatti, richiede permessi di viaggio e scorte ufficiali e detta norme rigide per il trasporto di rifornimenti e materiali.
L'appello ad un ammorbidimento del regime di fronte alla calamità è arrivato dai birmani in esilio, che chiedono alla giunta militare di consentire alle organizzazioni umanitarie internazionali di operare liberamente nel Paese, per portare assistenza e aiuti.

E come se tutto ciò non bastasse, dalla Birmania arrivano anche storie di ulteriori orrori dovuti alla mano dell'uomo. Il passaggio di Nargis, secondo quanto rivela un'organizzazione per i diritti umani thalandese, avrebbe provocato il crollo dei soffitti di diverse celle consentendo a circa 1000 prigionieri di tentare di scappare all'esterno. Ma questi ultimi dopo essere stati radunati tutti in un cortile sono stati "calmati" dalla polizia penitenziaria che ha sparato loro addosso. Al termine della strage sul terreno sarebbero rimasti 36 morti e 70 feriti.

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06 maggio 2008
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