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Gela, potente colonia greca di Sicilia

Viaggio nella città fondata su consiglio dell'Oracolo di Delfi

17 novembre 2016
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Su un pianoro della collina la cui estremità orientale è nota come località Molino a Vento, si sviluppa l'acropoli di Gela, fondata su consiglio dell'Oracolo di Delfi nel 689-688 a.C. dai greci provenienti da Rodi e da Creta, guidati rispettivamente da Antifemo ed Entimo.

Sembra però che le origini della cittadella siano molto più antiche e risalgano addirittura all'età preistorica e che il sito fosse già abitato da gruppi di agricoltori durante l'età del rame (fine III millennio a.C. inizi del II) e del bronzo antico (2200-1600 a.C.).

La presenza di ceramica protocorinzia dell'VIII secolo testimonia infatti, la presenza di uno stanziamento cui fu inizialmente dato il nome di Lindioi, in ricordo di Lindios, la madrepatria mentre in un secondo tempo fu chiamato Gela dal nome del fiume che scorreva li vicino.

Le tappe del nostro itinerario

TappaMura Timoleontee

Le imponenti Mura Timoleontee di Gela

I primi abitanti (Geloi o Gelensi), dopo aspre lotte con le popolazioni locali (Siculi e Sicani), risalendo attraverso il fiume Gela cominciarono a penetrare nell'entroterra dando luogo al processo di ellenizzazione che avrebbe progressivamente coinvolto anche gli altri centri vicini (nel 508 a.C. ad esempio fondarono la grande Akragas - Agrigento).

​Nel V secolo a.C. a Gela fu instaurata la tirannia di Clenadro, cui succedette il fratello Ippocrate che trasformò la cittadella in una delle più fiorenti e potenti colonie greche capaci di contrastare efficacemente la potenza cartaginese che dominava la Sicilia occidentale. In breve il tiranno riuscì ad assoggettare centri come NaxosLentini e Catania mentre il fratello Gelone, nel frattempo diventato tiranno di Gela, conquistava la potente Siracusa trasferendosi lì e portandosi appresso buona parte della popolazione locale. Intorno alla prima metà del VII secolo l'Acropoli di Gela si arricchì di numerose abitazioni ed edifici sacri come due templi di stile dorico, eretti in onore della dea Athena, uno del VI secolo a.C., l'altro fatto costruire dai Greci in occasione della vittoria durante la battaglia di Himera contro i Cartaginesi (480 a.C.), mentre gli altri edifici furono sfarzosamente arricchiti da elementi architettonici.

Le poderose mura vennero innalzate dal tiranno Timoleonte per proteggere Gela dagli attacchi esterni

Dopo la grave sconfitta subita da Gela nel 405 a.C., ad opera dei Cartaginesi, l'acropoli della località fu occupata da quartieri artigianali ed alcuni degli edifici esistenti furono ricostruiti, cambiandone però la destinazione d'uso. Il sito di Molino a Vento fu poi abbandonato intorno alla fine del IV secolo quando il centro abitato si spostò nella zona occidentale della collina, in contrada Scavone, in una località denominata Capo Soprano.

Intanto Gela era passata sotto il dominio di Siracusa e il tiranno Timoleonte aveva provveduto a far innalzare delle poderose mura per proteggerla (338 a.C.). La cinta muraria aveva uno spessore di circa tre metri ed un'altezza che in alcuni punti raggiungeva gli otto metri, per la cui costruzione fu necessario un enorme sforzo di risorse anche economiche, ma che rendeva la cittadella praticamente inespugnabile.


Foto www.gelaleradicidelfuturo.com

Questo tratto di mura, sepolto nel corso dei secoli da una coltre di sabbia è riuscito a sfuggire alla distruzione avvenuta in seguito all'invasione di Agatocle, al successivo diroccamento da parte dei Mamertini (282 a.C.) e ancora alla demolizione avvenuta ad opera del tiranno di AkragasFinzia il quale, oltre a raderne al suolo le mura e i palazzi, ne fece trasferire gli abitanti nella città di Finziade (Licata).

All'esterno della cinta muraria, si possono ammirare i santuari dedicati alle divinità Demetra e Kore e il quartiere ellenistico del IV secolo a.C. con i bagni pubblici e uno dei complessi termali più antichi d'Italia (databile attorno alla fine del IV sec. a.C.) e tra i più interessanti per l'impianto di riscaldamento, unico per i tempi, andato distrutto a causa di un incendio alla fine del III sec. a.C.

TappaCastello di Gela

Il Castello Svevo di Gela, meglio conosciuto come "Castelluccio"

Dopo la prima guerra punica Gela cadde sotto il dominio dei Romani prima, dei Bizantini poi e infine degli Arabi, i quali la chiamarono 'Città delle Colonne' per il gran numero di colonne sparse sul suo territorio.

Nel 1143, il conte Simone di Butera fece costruire il Castello Svevo, meglio conosciuto come "Castelluccio", a difesa della città di Gela. Successivamente lo donò all'abate del Monastero di San Nicolò l'Arena di Catania.

Il sito rimase deserto fino al 1230, quando Federico II di Svevia fece ricostruire la città ad ovest della vecchia acropoli e le diede il nome di Terranova che, nel 1862, divenne Terranova di Sicilia. Solo nel 1927 il governo fascista restituì alla città siciliana il ''glorioso nome di Gela''.

TappaBosco Littorio - Acropoli

Una colonna dorica nella zona del Bosco Littorio a Gela
ph. M.k.dionisio, CC BY-SA 3.0

Un'altra zona molto interessante dal punto di vista archeologico è la località Bosco Littorio, nel quale sono emersi ambienti a pianta rettangolare destinato a uso commerciale in eccezionale stato di conservazione, costruiti all'inizio del VI secolo a. C. Fra i materiali, estremamente abbondanti, sono presenti esemplari di ceramica acromacorinziaatticacalcidese e laconica, ma anche contenitori da trasporto i quali confermano la destinazione commerciale del complesso.

L'Acropoli di Bosco Littorio a Gela

Tra i tanti materiali segnaliamo, soprattutto, le tre are fittili con la raffigurazione di scene mitologiche a rilievo, databili agli inizi del VI sec. a.C., oggi esposte nel Museo Archeologico Regionale di Gela.

TappaMuseo Archeologico Regionale di Gela

Vasi in pregevole ceramica nera e rossa conservati nel Museo Archeologico Regionale di Gela

Il Museo Archeologico Regionale di Gela è sito nella zona Molino a Vento e conserva innumerevoli reperti che, dall'età preistorica, giungono fino a quella medievale. Si tratta di ceramiche, terrecotte, statue in bronzo e monete, ritrovate nel corso degli innumerevoli scavi effettuati. Le collezioni di maggior pregio sono quella del barone Giuseppe Navarra e quella della famiglia Nocera, consistenti in un gran numero di vasi del VI-V sec. a.C., realizzati in pregevole ceramica nera e rossa, giunti a Gela con navi mercantili dalla madrepatria con cui i coloni intrattenevano scambi commerciali.

A testimonianza di ciò, nel 1988, al largo della costa gelese è stato rinvenuto un relitto risalente al V sec. a.C. con il suo carico di coppe, lucerne, crateri attici, ceramiche di fattura greca e persino canestri in fibbra vegetale per il trasporto di merci. Il relitto di 21 metri di lunghezza e 6,50 di larghezza dimostra come Gela fosse un centro commerciale e di smistamento di primaria importanza tra il VI e il V sec. A. C.

Il relitto della nave greca custodito nel Museo Archeologico Regionale di Gela

Nel febbraio del 2016, dopo 28 anni di attesa, Gela ha ricevuto ed esposto i pezzi restaurati del relitto di una nave greca risalente al VI sec. a.C., scoperta nel 1988 da due sub nel mare di contrada Bulala, a est di Gela, unica testimonianza al mondo di fasciame a incastro legato da fibre vegetali.

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