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Il silenzio imposto al governatore

Tra il presidente Crocetta e il Pd la tensione resta alta. Davide Faraone tenta la mediazione

23 gennaio 2014

"Sono in pace con tutti, non ho litigato con nessuno. Non ho aperto nessun attacco nei confronti delle forze politiche, li subisco regolarmente".
Così il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha descritto la sua attuale situazione rispondendo ad alcune domande sulla crisi di governo e sul vertice di maggioranza saltato in seguito alla diserzione di Pd e Udc.
"Ho sempre subito in silenzio ma c'è un limite a tutto", ha ribadito il governatore, "mi chiedo: fino a quando? Ho già subito abbastanza. Sono stanco".
Commentando le voci di un possibile rimpasto in giunta, Crocetta ha poi spiegato: "La nostra priorità è fare le riforme. I governi e gli assessori non sono altro che gli strumenti per migliorare le cose in Sicilia". "Dobbiamo lavorare alacremente - ha aggiunto - per le riforme. Abbiamo finalmente sbloccato anche i fondi europei e dobbiamo avviare i cantieri. Queste sono le nostre priorità per rompere con il passato".

Dunque, Crocetta si sente in pace con tutti. Di conseguenza, è facile capire che la tensione, le continue minacce di rottura, tutte le piccole e grandi instabilità non dipendono certo da lui.
Tra i malumori, Davide Faraone cerca di tessere la sua tela sotto traccia, in silenzio. Trovare un accordo unitario sul candidato alla guida del Pd in Sicilia, sul rimpasto di governo, sulle riforme e sulle candidature alle europee non è semplice, ma il delfino di Renzi ci sta provando.
Alla direzione regionale del partito di ieri, riunita a Palermo per gli adempimenti congressuali, Faraone ha tastato il polso dei capi corrente. Un nome ancora non c'è, ma si tratta.
A dire la verità, il clima sembra meno teso di quanto appaia davanti ai riflettori. Uno scontro non conviene a nessuno, ed è emerso chiaramente in direzione, durata appena un'ora. Col governatore Rosario Crocetta, pronto a fare il bilancio del suo primo anno di governo e a illustrare la sua agenda, ma al quale è stata negata la parola ("Avrei voluto fare un bilancio di tutte le cose fatte quest'anno, un anno di intensa attività, ma mi è stato negato di parlarne", ha detto), seduto fianco a fianco al suo grande nemico, Giuseppe Lupo. Il segretario uscente s'è limitato a ringraziare i componenti della direzione, l'ultima della sua gestione, nessun accenno alle questioni politiche, se non a margine dei lavori. Insomma un silenzio dal forte significato politico, in una fase in cui i pontieri democratici sono al lavoro.

Alle bordate, il Pd sembra in questo momento preferire la diplomazia, con le truppe ben schierate ma nella retroguardia. Per trovare un'intesa c'è tempo fino a sabato prossimo: alle 20 infatti scadono i termini per la presentazione delle candidature alle primarie del 16 febbraio. Faraone sta cercando "un nome condiviso" che stia bene alle varie anime del partito, in un incastro, non facile, con i nominativi da proporre a Crocetta per il rimpasto e le candidature alle europee. Quelli di Mila Spicola, Giuseppe Bruno e Tonino Russo sono solo alcuni dei nomi che circolano. "Ma chi tratta in questa fase non fa nomi, altrimenti li brucia", dice un dirigente democratico di lungo corso.
Giuseppe Lupo intanto sta alla finestra. "Sto pensando di ricandidarmi, scioglierò la riserva a ore", dice. Senza un "nome nuovo", in sostanza, potrebbe rimanere in pista. E anche Crocetta si muove in direzione di una intesa. "Con le forze intermedie (Megafono, Drs, Articolo 4) è stato raggiunto un accordo sul rimpasto, bisogna ora verificarlo con Pd e Udc; ne avrei parlato all'incontro di maggioranza se si fosse fatto oggi ma è stato rinviato", ha osservato.

Sullo sfondo, poi, rimane la "ferita" inferta dalla Procura con l'inchiesta sulle spese pazze dei gruppi parlamentari, con ben 32 deputati in carica indagati (97 persone in totalei), 19 solo nel gruppo Pd. Deputati che Crocetta non vuole in giunta, per "rispetto delle indagini" ma anche per una questione d'immagine. Ma "se i parlamentari indagati non sono buoni per stare in giunta non sono buoni neppure per stare in una maggioranza", riflette Antonello Cracolici, uno degi 19 indagati tra i democratici, in qualità di ex capogruppo all'Ars.
Oggi la questione torna nell'aula parlamentare. Il presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, anche lui coinvolto nell'inchiesta per una contestazione di poco più di 2mila euro di spese, ha annunciato nei giorni scorsi che avrebbe aperto la seduta con una comunicazione "per difendere l'onorabilità del Parlamento". Anche Crocetta sarà in aula.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it, Repubblica/Palermo.it]

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23 gennaio 2014
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