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Le Talpe alla Dda. L'imprenditore bagherese Aiello: ''Borzacchelli non era il mio ragioniere''

Michele Aiello prende le distanze dal maresciallo dei carabinieri ed ex deputato dell'Udc Antonio Borzacchelli

22 gennaio 2005

''Borzacchelli non era il mio ragioniere, qualche volta mi ha dato consigli, ma non poteva intromettersi nei meccanismi societari delle mie aziende, non mi faceva da consulente finanziario''. Lo ha detto stamani (ieri mattina, ndr) Michele Aiello, l'imprenditore della sanità, prendendo le distanze dal maresciallo dei carabinieri ed ex deputato dell'Udc Antonio Borzacchelli, imputato per concussione.
Rispondendo al contro-esame dei difensori del maresciallo, nel processo che si tiene davanti alla sesta sezione del Tribunale, presieduta da Antonio Prestipino, Aiello ha continuato a tratteggiare un ritratto a tinte fosche di Borzacchelli che già nell'udienza precedente aveva accusato di avergli estorto denaro a più riprese terrorizzandolo con ripetute minacce. ''Riolo - ha detto - ne parlava molto male. E Ciuro ne diceva peste e corna''.

Giorgio Riolo è il maresciallo del Ros accusato di aver fatto parte di una rete di informatori riservati che rivelavano ad Aiello notizie segrete su inchieste in corso. Giuseppe Ciuro è il maresciallo della Dia in carcere da novembre scorso con l'accusa di associazione mafiosa. I rapporti tra Aiello e Borzacchelli nel decennio 1992-2002, durante l'escalation dell'imprenditore sono stati al centro delle domande che hanno tenuto il teste inchiodato al microfono per oltre due ore davanti alla sesta sezione del tribunale presieduta da Antonio Prestipino.

Rispondendo alle domande dei difensori, l'imprenditore ha confermato che nei primi anni della loro conoscenza, quando la sua attività era rivolta al settore edile, il maresciallo gli presentò i titolari di alcune imprese, ma ha aggiunto che ''questi contatti per lo più rimasero infruttuosi''. Le domande del contro-esame hanno posto quindi l'attenzione sulla gestione del centro diagnostico di Bagheria da parte di Aiello, una struttura che nel '92 fatturava 200 o 300 milioni di vecchie lire e nel 2002 arrivò a 56 miliardi.
Ai difensori, che chiedevano se nel rilancio della struttura Borzacchelli avesse un ruolo preciso, Aiello ha risposto: ''Dal punto di vista societario no''. E ha aggiunto: ''Quando nel '96, la società necessitò di un ripianamento dei debiti e di un ricostituzione del capitale, io gli espressi i miei dubbi sul futuro, e gli parlai del mio sogno di dedicarmi al settore oncologico. Lui mi presentò il presidente della Regione Salvatore Cuffaro ed anche Lombardo, della Philips, che poi ci fornì alcuni macchinari della radiologia''.

L'imprenditore ha quindi chiesto una pausa. L'udienza è ripresa dopo un quarto d'ora ed è proseguita con le ultime domande a Michele Aiello, parte civile in questo processo, da parte dei pm Maurizio De Lucia e Nino Di Matteo. Due, in particolare, gli argomenti trattati: la cessione da parte di Aiello a Borzacchelli di una villa a Trabia e le conoscenze procurate all' imprenditore dal maresciallo nella prima fase del loro rapporto. Rispondendo alle domande dei pm, Aiello ha confermato che la villa, considerata il prezzo della concussione, è stata da lui ceduta su richiesta dello stesso Borzacchelli ''per calmare le sue minacce''. L'imprenditore della sanità ha quindi confermato che ''tutte le conoscenze che Borzacchelli gli procurava erano individuate tra persone che lo stesso maresciallo aveva in precedenza indagato''.
Il processo è stato rinviato al prossimo 4 febbraio.

Fonte: La Sicilia del 21 Gennaio 2005


La politica, le talpe e la mafia.
Scarcerato l'assessore Miceli. Per i giudici non ci sono più le "esigenze cautelari"
I giudici del tribunale della libertà hanno accolto il ricorso dei difensori dell'ex assessore comunale di Palermo, Domenico Miceli, e ne hanno ordinato la scarcerazione. Il politico era stato arrestato nel giugno 2003 ed è sotto processo per concorso in associazione mafiosa, nell'ambito dell'inchiesta in cui è stato indagato il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro.
Miceli è anche accusato di aver riferito al capomafia di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, la presenza di microspie nel suo appartamento. I giudici del tribunale del riesame, motivando il provvedimento di scarcerazione che riguarda Domenico Miceli, sostengono che sono venute meno le esigenze cautelari, perché ''vengono meno i suoi contatti con il sodalizio mafioso''.
Il quadro indiziario che esprime sul politico il collegio del riesame fa riferimento anche al ''contegno processuale'' tenuto da Miceli. L'ex assessore viene ancora indicato come un ''autentico anello di collegamento di Cosa nostra con il mondo delle istituzioni e con l'apparato politico''. I giudici, infatti, ritengono che Miceli sia stato ''utilizzato'' dai mafiosi per entrare nel mondo politico, perché ''nessuno avrebbe sospettato di quel bravo ragazzo''.
Miceli, sostiene il tribunale, non può più offrire ''quelle garanzie che il sodalizio continua a cercare nei livelli politico-amministrativi delle istituzioni''.
 
Fonte: Giornale di Sicilia del 21 Gennaio 2005

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22 gennaio 2005
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