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"Un appello a tutti i mafiosi: pentitevi"

A Caltanissetta la deposizione di Stefano Lo Verso al processo Borsellino quater

14 gennaio 2015

"Io non ho paura della mafia. Sono un uomo libero finalmente. Giro in bicicletta senza protezione per il mio paese e rivolgo un appello a tutti i mafiosi: bisogna collaborare con i magistrati".
E’ cominciata con un "invito" al pentimento la deposizione del collaboratore di giustizia Stefano Lo Verso, ex affiliato alla cosca di Ficarazzi, sentito al processo Borsellino quater.
Lo Verso, che ha raccontato di avere nascosto per alcuni mesi il boss Bernardo Provenzano, ha riferito di avere cominciato a prendere le distanze da Cosa nostra, interiormente, mentre era già nel carcere di Spoleto. "Stavo tra ergastolani, vivevo in un cimitero dei vivi - ha spiegato -. E come cattolico mi sono aggrappato a Gesù, che ha cambiato il mio cuore, ma ho voluto scontare tutta la pena per evitare che si dicesse che mi ero pentito per non farmi il carcere".

Secondo Lo Verso, il boss mafioso Bernardo Provenzano sarebbe stato contrario alla strategia stragista di Cosa nostra. L'ex mafioso di Ficarazzi ha raccontato di avere raccolto le sue confidenze e in più occasioni il boss gli avrebbe detto che Cosa nostra non aveva alcun motivo di fare le stragi che in fondo erano state la rovina della mafia. Mostrando rimpianti per la scelta fatta e lamentandosi dei costi personali pagati, Provenzano avrebbe aggiunto che la verità sulla strategia stragista la sapevano in cinque: lo stesso Provenzano, "Totuccio Riina - avrebbe detto il capomafia - Andreotti, Lima e Ciancimino. Ma Lima era stato ucciso per paura che non sopportasse il peso e Ciancimino era morto". "Io non potevo mettermi contro il mio paesano - avrebbe proseguito Provenzano riferendosi a Riina - che doveva fare un favore ad Andreotti che l'aveva garantito nel tempo".

Il pentito ha descritto un Provenzano "non incline alla violenza, era uno che al sangue - ha detto - preferiva la pace, il dialogo". Il collaboratore parla di un rapporto stretto col boss che gli avrebbe anche portato una Madonna dal suo viaggio a Marsiglia e che era molto religioso. Tanto che si faceva accompagnare in chiesa a prendere l'acqua benedetta.
"Provenzano non aveva alcuna paura di essere arrestato. Mi disse che in realtà non lo cercava nessuno perché a proteggerlo era un potente dell'Arma e aggiunse 'meglio uno sbirro amico che un amico sbirro'". Il boss, che si sarebbe nascosto per mesi nella casa della suocera di Lo Verso, avrebbe inoltre aggiunto che anche se era stato arrestato Michele Aiello, imprenditore coinvolto nell'inchiesta sulle cosiddette talpe alla Dda di Palermo, lui era garantito da Cuffaro. "I latitanti li prendono solo se glieli indicano", avrebbe confidato Provenzano a Lo Verso, aggiungendo di avere paura di essere tradito e non delle indagini.

Lo Verso ha rivelato anche che dopo le stragi del 1992 Marcello Dell'Utri si sarebbe avvicinato a Provenzano e ai suoi uomini e avrebbe preso il posto di Salvo Lima, eurodeputato ucciso dalla mafia, come referente politico di Cosa nostra.
Il collaboratore di giustizia ha inoltre riferito che Provenzano gli disse che nel 1994 Forza Italia l'aveva fatta votare lui.

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14 gennaio 2015
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