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Operazione ''Addio pizzo 2''. Così i commercianti palermitani stanno cominciando a liberarsi dal pizzo

18 marzo 2008

Dopo la prima tornata di indagini e l'inizio delle audizioni, disposte dalla Procura di Palermo, delle vittime del pizzo, quelle che sino ad oggi non hanno mai denunciato, nonostante gli appelli del questore, del procuratore e delle associazioni antipizzo (leggi), alcuni commercianti hanno deciso di liberarsi dall'assurdo giogo del pizzo e denunciare i propri ''esattori''.
Denuncie che ha portato ieri all'operazione “Addio pizzo 2", nella quale sono state poste a fermo 21 persone accusate di essere gli estortori del racket di Cosa nostra. Le indagini, coordinate dal pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, hanno riguardato l'esame incrociato dei "pizzini" trovati nel covo dei latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo in occasione della loro cattura avvenuta il 5 novembre scorso. Un contributo è arrivato anche dai collaboratori di giustizia e da alcuni imprenditori e commercianti palermitani stanchi di subire i taglieggiamenti da parte di affiliati alle cosche mafiose.

Ecco l'elenco delle persone fermate, tutte accusate di estorsione: Giovanni Cusimano, 67 anni (cugino dei boss Lo Piccolo), Pietrò Cinà, 42 anni, Tommaso Contino, 47 anni, Salvatore Liga, 23 anni, Tommaso Macchiarella, 54 anni, Filippo Mangione, 26 anni.
Hanno, invece, ricevuto un provvedimento restrittivo in carcere dove già si trovavano reclusi: Piero Alamia, 39 anni ,Michele Catalano, 49 anni, Domenico Ciaramitaro, 34 anni, Salvatore Davì, 60 anni, Giovanni Battista Giacalone, 35 anni, Andrea Gioè, 40 anni, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Antonino Mancuso, 47 anni, Domenico Serio, 32 anni e Giuseppe Massimo Troia, 34 anni. 
Fra i fermati anche Vittorio Bonura, 40 anni, presunto autore del rogo che a fine luglio dell'anno scorso distrusse il deposito di vernici di Rodolfo Guajana, che si era opposto alle richieste di "messa a posto" (il pagamento del pizzo, ndr) del clan guidato da Salvatore e Sandro Lo Piccolo.

"Gli arresti di oggi (ieri per chi legge, ndr) dimostrano che lo Stato è forte e non va sfidato. La strategia del braccio di ferro non solo non ha pagato, ma si è dimostrata fallimentare". Così ha espresso tutta la sua soddisfazione Rodolfo Guajana. "Il vecchio adagio siciliano 'calati juncu ca passa 'a china' (calati giunco che passa la piena del fiume, ndr) ripetuto spesso da Provenzano - ha osservato l'imprenditore -, oggi vale più che mai".
Guajana, che subito dopo l'attentato aveva detto di voler "perdonare da cristiano" coloro i quali avevano distrutto la sua azienda, esprime anche l'auspicio che i mafiosi possano "redimersi" e li invita "a mettere le loro intelligenze al servizio del bene e della legalità". "E' giusto - ha concluso - che chi deve pagare paghi, ma nei loro confronti io non ho alcuna animosità. Io voglio vivere pacificamente, continuando a fare il mio lavoro".
L'imprenditore in questo momento sta ultimando i lavori per la realizzazione del nuovo stabilimento, che dovrebbe essere inaugurato entro un paio di mesi al massimo. 

"Siamo a una svolta epocale nelle collaborazione degli imprenditori, il numero è in aumento e non può che farci piacere", ha affermato il questore di Palermo, Giuseppe Caruso, a margine della conferenza stampa dell'operazione.
"C'è un certo aumento nel numero delle collaborazioni degli imprenditori. Non sono una valanga ma vista la base esigua di partenza c'è un sensibile aumento", ha aggiunto il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, annunciando che la polizia su delega della magistratura ha effettuato dei sequestri a presunti prestanome dei boss Lo Piccolo. I provvedimenti sono relativi a quote societarie in aziende di impiantistica e pubblicità.

Infatti, dai "pizzini" trovati dalla polizia nella villetta di Giardinello, gli investigatori hanno scoperto che i Lo Piccolo erano soci, attraverso prestanome, della Pubblidea, un'azienda di cartellonistica pubblicitaria, in cui sono state sequestrate solo alcune quote societarie che fanno riferimento a Francesco Di Pace, di 29 anni, arrestato ieri mattina.
Altre "partecipazioni" sono state scoperte nella "Vision I maxischermi", società che vende televisori, e anche in questo caso il sequestro è avvenuto solo per alcune quote societarie. I magistrati hanno invece sequestrato la "Tecnoimpianti", azienda che faceva capo a Pietro Cinà, anche lui arrestato ieri nell'operazione ''Addio Pizzo 2''. Gli interessi economici dei boss, evidenziati nei "pizzini", sono stati riscontrati dalle dichiarazioni rese ai pm dai collaboratori di giustizia Antonino Nuccio e Francesco Franzese.

[Informazioni tratte da La Sicilia.it e Il Sole 24ORE.com]

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18 marzo 2008
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