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Da Palermo propaganda per la Jihad sul web

Fermata una cittadina libica ricercatrice universitaria nell'ateneo siciliano

23 dicembre 2015

La polizia, su ordine della Procura, ha fermato a Palermo una cittadina libica di 45 anni, ricercatrice universitaria nell'ateneo siciliano, per istigazione a commettere reati di terrorismo. Era in contatto con diversi foreign fighters e faceva propaganda per la Jihad sul web.
La donna fermata si chiama Khadgia Shabbi e vive a Palermo da tre anni. E' ricercatrice in Economia e riceve un assegno di duemila euro al mese dall'ambasciata libica.
I pm di Palermo Leonardo Agueci e Gery Ferrara, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, le contestano il reato di istigazione ed apologia di reato con finalità di terrorismo, con l’aggravante della "dimensione transnazionale della condotta". La dottoranda di ricerca rilanciava sul suo profilo Facebook i messaggi e i video delle milizie islamiche collegate con l’Isis che in Libia sono in guerra con il governo riconosciuto dalla comunità internazionale. Secondo la ricostruzione dell’accusa, farebbe parte dell’organizzazione terroristica "Ansar Al Sharia Lybia" come "soggetto a disposizione".

La polizia l'ha monitorata per mesi, dopo alcune segnalazioni, accertando i suoi contatti con due foreign fighters, uno in Belgio, l'altro in Inghilterra. La donna avrebbe anche cercato di pianificare l'arrivo in Italia di un suo nipote, poi morto in Libia in uno scontro a fuoco e avrebbe mandato diverse somme di denaro in Turchia. La ricercatrice sarebbe imparentata con esponenti di una organizzazione terroristica coinvolta nell'attentato all'ambasciata americana in Libia nel 2012. Gli inquirenti hanno trovato molto materiale investigativo interessante.

Il gip di Palermo Fernando Sestito non ha però convalidato il fermo di Khadgia Shabbi, che era stato disposto dalla Procura. Per il gip non sussisterebbe il pericolo di fuga, presupposto che autorizza il fermo. Il giudice, inoltre, non ha applicato alla donna la custodia cautelare in carcere, come chiesto dalla Procura, ma l'obbligo di dimora a Palermo senza imporre all'indagata alcun divieto di comunicazione con l'esterno. Per il magistrato, che ha riconosciuto comunque la sussistenza dei gravi indizi a carico della donna, non ci sarebbero però rischi di inquinamento probatorio, ma solo la possibilità che reiteri il reato, circostanza che, a parere del magistrato, rende sufficiente la misura dell'obbligo di dimora con divieto di uscire durante le ore notturne.
"La misura è del tutto inadeguata alle esigenze cautelari e all'intensissima rete di rapporti intrattenuti dall'indagata, oltre che contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza. Pertanto la impugneremo". Così il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha commentato la decisione del gip.

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23 dicembre 2015
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