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Duro colpo al clan di Matteo Messina Denaro

Arrestato il presunto nuovo ambasciatore del boss latitante. Blitz del Ros fra Palermo e Castelvetrano

19 novembre 2014

Imponente operazione antimafia all'alba di oggi tra Palermo e Castelvetrano condotta dai Carabinieri del Ros e dal Comando provinciale di Trapani che hanno arrestato sedici persone ritenute vicine al boss latitante Matteo Messina Denaro.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse dal gip di Palermo su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, rapina pluriaggravata, sequestro di persona ed altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini "hanno confermato il ruolo di vertice di Messina Denaro nella provincia di Trapani per il controllo di interessi illeciti ma anche i suoi legami con le cosche di Palermo, specie con il mandamento di Brancaccio storicamente guidato dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano", spiegano gli inquirenti.

In carcere, tra gli altri, Girolamo Bellomo detto Luca, 37 anni. L’uomo, arrestato nella sua residenza a Palermo, è sposato con l’avvocato penalista Lorenza Guttadauro, nipote di Messina Denaro. Secondo il Procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Maurizio Agnello e Carlo Marzella, svolgerebbe un ruolo importante nel clan di Matteo Messina Denaro e sarebbe stato proprio lui a curare gli interessi del boss in questi ultimi anni. Bellomo poteva contare anche su un gruppo di picchiatori, uomini fidati che mettevano in riga quanti non ubbidivano agli ordini del capo. Il giovane uomo di affari, secondo l’accusa, si era anche presentato agli imprenditori che stavano realizzando un nuovo centro commerciale a Castelvetrano, "A29", e aveva imposto le sue ditte per le forniture e i lavori.
Le indagini dei carabinieri hanno confermato il ruolo di vertice tuttora rivestito dal capomafia latitante nella provincia trapanese, documentandone i diversificati interessi illeciti. Sono stati accertati dagli inquirenti anche i collegamenti funzionali a progetti criminali comuni con le famiglie palermitane e, in particolare, con quella di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano.

A Castelvetrano sono 15 le persone arrestate, accusate di essere state i gregari di Bellomo. Tra l'altro avrebbero pianificato e organizzato una maxirapina nel deposito di un corriere, che ha sede a Campobello di Mazara ("Ag Trasporti"), un tempo proprietà dei mafiosi palermitani di Brancaccio e oggi sotto amministrazione giudiziaria. Una di quelle rapine sarebbe servita per finanziare la latitanza del boss trapanese. Il bottino è stato di 100 mila euro.

Tra gli arrestati ci sono anche un elettrauto che controllava se nelle vetture del boss ci fossero microspie e un dipendente della Motorizzazione civile di Trapani che verificava le targhe sospette. Ad aprire qualche pista investigativa è stato un insospettabile: una comparsa della soap opera della Rai "Agrodolce", girata in Sicilia, Salvatore Lo Piparo, che sarebbe affiliato al clan di Bagheria, da sempre vicino a Messina Denaro. "Vi potrà sembrare strano - ha raccontato qualche settimana fa, quando ha deciso di collaborare con la giustizia dopo l’ultimo arresto - ma io ho fatto proprio la parte di un poliziotto in Agrodolce, andate a vedere; e fui incaricato di andare a procurare delle pettorine con su scritto "Polizia": servivano per la rapina a un corriere".

Secondo il procuratore aggiunto Teresa Principato, intervistata dall’edizione palermitana di Repubblica, "questo è un momento di svolta nelle indagini, è emerso uno spaccato nuovo dell'organizzazione che si è sviluppata attorno al latitante. Adesso, i suoi fedeli esecutori hanno inaugurato una stagione di violenza inaudita per Castelvetrano, con pestaggi, intimidazioni e rapine cruente".
Perché questo cambio di strategia? "Evidentemente, i fedelissimi di Messina Denaro sono in difficoltà, per le indagini sempre più pressanti nei loro confronti, e hanno la necessità di ribadire con forza la loro presenza sul territorio. Per questa ragione, si servono anche di gruppi esterni, come quello che fa capo alla cosca di Brancaccio. Il rapporto fra Trapani e Palermo c'è sempre stato, ma si era fermato al momento dell'arresto di Salvatore Lo Piccolo, nel 2007, per poi riprendere qualche anno dopo tramite il capomafia agrigentino Leo Sutera, che stava organizzando contatti con il palermitano Alessandro D'Ambrogio".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Ansa, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]

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19 novembre 2014
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