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Fuoco contro la legalità

A Siracusa tre attentati in meno di un mese, rivendicati da un sedicente ''Nucleo comunisti combattenti''

09 febbraio 2005

La città di Siracusa, come tante altre città della Sicilia, conosce bene il fenomeno del racket. Dopo
gli attentati dei giorni scorsi contro due sedi della Cgil e quello dell'altro ieri sera nell'edificio chiamato "Torre Zeta" (o palazzo delle televisioni), dove si trovano le sedi di alcune emittenti locali, nella città aretusea la tensione sale.
Quattro bombolette di gas da campeggio piazzate all'interno del vano di un ascensore, un esplosione e un incendio che ha distrutto l'ascensore ma che per fortuna non ha provocato feriti.
Poi, mentre polizia e carabinieri stavano facendo un sopralluogo nel palazzo, una telefonata anonima ad una redazione giornalistica: ''Quello che abbiamo fatto questa sera lo possiamo fare altre volte''.

Le analogie tra quest'ultima intimidazione e gli attentati precedenti contro le sedi della Cgil,  secondo gli investigatori sarebbero tante. Tre attentati incendiari in meno di un mese, realizzati con la stessa tecnica (piccole bombole di gas da campeggio forate). Il modus operandi è quello ampiamente conosciuto della mafia del racket, ma le rivendicazioni, alla redazione di Siracusa del ''Giornale di Sicilia'', da parte di un sedicente ''Nucleo comunisti combattenti'', portano le indagini in tutt'altra pista. Del caso si sta occupando la sezione antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Catania che coordinare le indagini.
''Un'inchiesta di alto profilo - ha annunciato il procuratore aggiunto Enzo D'Agata - che avrà il massimo di attenzione, ma con indagini rivolte a 360 gradi''.
Il reato ipotizzato dai sostituti della Dda etnea, Francesco Puleio e Ignazio Fonzo, è il 281 bis, atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi. Un altro fascicolo, che ipotizza il reato di fabbricazione e detenzione di materiale esplodenti, è aperto dalla Procura della Repubblica di Siracusa.
Gli inquirenti tengono comunque a sottolineare che ''non è tempo di dichiarazioni ma di lavorare, analizzando tutti i possibili scenari, senza tralasciare alcuna ipotesi''.
''Abbiamo un'articolata serie di iniziative investigative in corso - spiega il questore Vincenzo Mauro- ma di più in questo momento è bene non dire. La consegna che ci siamo dati è quella del riserbo. Ripeto, stiamo lavorando in diverse direzioni''.
Le indagini sono svolte oltre che dalla polizia e dai carabinieri di Siracusa anche dagli uomini dell'Ucigos di Roma (Ufficio Centrale per le Investigazioni Generali e per le Operazioni Speciali).

Il primo attentato incendiario è stato compiuto la notte tra il 13 e il 14 gennaio scorsi, quando, con due bombolette di gas da campeggio, è stato appiccato il fuoco alla porta di ingresso della Cgil di Siracusa. Il secondo episodio, sempre nella sede della Camera del lavoro aretusea, risale alla sera del 1 febbraio: anche in quel caso fu utilizzata una bomboletta di gas che però non si incendiò perché era all'interno di una boccia di vetro che conteneva della polvere bianca. Il terzo attentato la scorsa sera ieri: quattro bombole da gas forate che hanno appiccato il fuoco all'ascensore della Torre Zeta, il cui bilancio dei danni è stato contenuto grazie al sistema antincendio del quale l'edificio è dotato. 

Secondo il presidente della Provincia Bruno Marziano, l'attentato alla Torre Zeta non è altro che un chiaro messaggio che la criminalità ha lanciato per dire che può colpire ovunque. Una scelta non casuale poiché si è voluto colpire il sistema della informazione di Siracusa che racconta degli atti criminali e che dà ampio spazio ai movimenti di cittadini e istituzioni che si oppongono al racket, come nel caso del sindacato che organizza le manifestazioni antiracket e che per questo viene colpito.
In una nota, invece, la segreteria siracusana dell'Assostampa sostiene che ''in questo momento più che mai i giornalisti sono chiamati a svolgere appieno la loro funzione di baluardo di civiltà e a respingere qualsiasi tentativo di violazione delle regole del confronto democratico, sapendo di potere contare sul pieno appoggio del sindacato e di tutti gli organismi di categoria''.

Chiunque siano i colpevoli di tali atti, la delinquenza nelle città siciliane sembra stia ricominciando ad alzare la testa in maniera prepotente, mentre la controcultura dell'omertà ritorna in auge marcatamente come e più di prima. Al di là della rivendicazione di matrice politica - nuova a dire il vero nel tessuto della delinquenza isolana - come detto dagli stessi inquirenti che stanno eseguendo le indagini la pista del racket non è da escludere, a questo proposito vogliamo ricordare che ieri un altro duro colpo è stato inflitto alla società civile siciliana, duro colpo che purtroppo si può descrivere anche come un amaro autogol, il telefono anti-racket istituito a Palermo dalla Confcommercio, dopo un solo anno di vita e una sola chiamata ricevuta, ha dovuto chiudere i battenti.

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09 febbraio 2005
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