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Gli affari dell'agromafia

Nelle mani della criminalità cinquemila ristoranti, e prende piede il "money dirtying"

15 gennaio 2015

Non c'è crisi per il business dell'agromafia che anzi vola nel 2014 a 15,4 miliardi di euro, con un aumento del 10 per cento in un anno.
E' quanto emerge dal terzo Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e dall'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare.
"Produzione, distribuzione e vendita - sottolinea il rapporto Coldiretti-Eurispes - sono sempre più penetrate e condizionate dal potere criminale, esercitato in forme raffinate attraverso la finanza e gli intrecci societari, la conquista di marchi prestigiosi, il condizionamento del mercato".
"Le agromafie interessano tutta Italia - osserva il rapporto -. Vengono rilevati, attraverso prestanome e intermediari compiacenti, imprese, alberghi, pubblici esercizi, attività commerciali".

Quello della ristorazione è uno dei settori maggiormente appetibili: secondo il rapporto sono almeno 5.000 i ristoranti in Italia nelle mani della criminalità organizzata. "Attraverso queste forme di imprenditorialità criminale - proseguono Coldiretti-Eurispes - viene assicurato innanzitutto il riciclaggio degli illeciti patrimoni provenienti dal traffico di stupefacenti, dal racket e dall'usura, ma vengono anche consolidate le nuove forme di controllo del territorio in cui i soggetti criminali sono veri e propri soggetti economici. Gli interessi delle agromafie sono rivolti alle forme di investimento nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull'origine e sulla tracciabilità, della macellazione e della panificazione clandestine, dello sfruttamento animale e del doping nelle corse dei cavalli, e lucrano anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle gravi conseguenze per la catena alimentare, l'ambiente e la salute".

Diventa d'attualità anche il 'money dirtying', fenomeno criminale esattamente speculare al riciclaggio, per il quale i capitali puliti si indirizzano verso l'economia illegale o 'sporca'. Dal 'money dirtying', osserva il Rapporto Agromafie, almeno un miliardo e mezzo di euro transitano sotto forma di investimento dall'economia sana a quella illegale. Significa 120 milioni di euro al mese e 4 milioni di euro al giorno. La crisi economica; le regole imposte da Basilea 2 e 3 che limitano fortemente l'erogazione del credito; l'incertezza e la paura che spingono i privati a tenere immobilizzate presso le banche quote consistenti di risparmio; la possibilità per le stesse banche di approvvigionarsi presso la Bce a tassi vicini allo zero, con la conseguenza che diminuisce l'interesse alla raccolta. Sono questi - secondo il rapporto - gli ingredienti alla base del 'money dirtying'. "Il settore agroalimentare, che ha dimostrato in questi anni non solo di poter resistere alla crisi ma di poter crescere e rafforzarsi - sottolinea il rapporto - è diventato perciò ancor più appetibile sul piano dell'investimento".
Il 'money dirtying' è considerato interessante dalle organizzazioni criminali, "per alcuni fondamentali motivi. Il primo è quello 'relazionale', ovvero la possibilità di entrare in contatto con imprenditori rispettabili, esponenti della politica e del mondo istituzionale, operatori del sistema creditizio. Il secondo è di 'natura estetica', in quanto l'afflusso di moneta buona 'copre l'odore' di quella cattiva e le due monete finiscono per confondersi e ibridarsi. Il terzo è di 'natura strumentale': risulta infatti vantaggioso stabilire un patto di complicità con operatori e aziende rispettabili. Finché l'imprenditore che ha accettato il contatto, diventa esso stesso oggetto e soggetto del riciclaggio e complice". "Allora il processo di infezione - conclude Coldiretti-Eurispes - diventa irreversibile". [ANSA]

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15 gennaio 2015
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