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Il dramma infinito dell'immigrazione clandestina. E' arrivata l'estate: rotta verso le coste d'Italia

Con la bella stagione aumenta il traffico delle carrette del mare. Intanto la legge Bossi-Fini affonda

01 giugno 2004

Con l'arrivo della bella stagione si intensifica il traffico delle carrette del mare che dalle coste del nord Africa si dirigono a stento, verso le coste siciliane.
Queste drammatiche trasferte estive non si portano addosso l'angoscia del mal tempo, ma non è il mare piatto e il clima mite che può scongiurare il pericolo che i poveri derelitti, provenienti dal Marocco, dall'Algeria, dall'Iraq o dalla Somalia, corrono imbarcandosi sopra le fatiscenti imbarcazioni che li porteranno non si sa dove.

In questi giorni per esempio il Canale di Sicilia è stato uno spazio di mare tranquillo. Sembra siano passati i giorni di mare forza sei, che impediva la navigazione ai traghetti che dai porti siciliani vanno verso le isole minori, che vedono aumentare sempre di più l'arrivo di turisti affamati di relax.
Ed è di due giorni fa la notizia di una scongiurata tragedia del mare. Trentasette immigrati, trentuno uomini e sei donne, sono stati salvati dalla guardia di finanza poco prima che l'imbarcazione in legno di dodici metri, con la quale si stavano dirigendo verso la Sicilia, affondasse a settanta miglia a sud di Lampedusa. 
31 uomini e sei donne diretti verso le perle turistiche della Sicilia, affamate però di pane e di libertà, che sopportano i morsi di questa terribile fame, solo con la speranza di rimanere e non dover subito essere ricacciati da dove sono impavidamente fuggiti.

Una speranza che adesso viene involontariamente alimentata dal fallimento della legge Bossi-Fini che avrebbe dovuto rendere difficilissima l'immigrazione clandestina e che invece si sta rivelando uno spreco di tempo e denaro.
Un fallimento decretato dalle centinaia di fax con cui poliziotti, carabinieri, vigili urbani annunciano alla magistratura l'arresto centinaia di stranieri. E che la magistratura mette in libertà la sera stessa o, al più tardi, la mattina dopo.
Il nuovo reato sta all'articolo 13 della legge 189 del 2002, meglio conosciuta come legge Bossi-Fini. È la legge che, mantenendo una delle promesse elettorali sia della Lega che di An, doveva dare una sterzata rigorosa alle norme sull'immigrazione volute dai governi dell'Ulivo. Di quella sterzata, l'articolo 13 costituiva uno dei cavali di battaglia. "Lo straniero espulso che viene trovato nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a quattro anni". E poi, subito dopo: "È obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito direttissimo".

Con questa legge si immaginavano migliaia di stranieri, renitenti all'ordine di espulsione, venire arrestati, processati, incarcerati. Per una parte degli italiani era uno sogno che si realizzava, per un'altra parte era un incubo o quantomeno una visione sgradevole. Beh, non è arrivato niente di tutto questo.
Ecco come vanno nella realtà le cose. La pattuglia dei carabinieri ferma uno straniero per un controllo. Lo identifica - dal passaporto o dalle impronte - e scopre che è già stato espulso dall'Italia, e non ha obbedito all'ordine. Scatta l'arresto, obbligatorio e immediato. Dalla centrale operativa, viene avvisato il pm di turno. A quel punto, i casi sono due. Alcuni pm ordinano immediatamente di rilasciare il fermato, ritenendo illegittimo il fermo. Altri - e sono, a occhio, la maggioranza - autorizzano il fermo, e ordinano di portare in aula la mattina dopo il renitente all'espulsione per il processo per direttissima. E la mattina dopo, in aula, dopo una notte in guardina, lo straniero viene liberato per ordine del magistrato. Per i motivi più vari: perché viene assolto, perché il processo viene rinviato di qualche giorno, perché patteggia una pena di un paio di mesi con la condizionale.

L'unica cosa certa è che il fermato non può finire in carcere, perché ha commesso non un delitto ma una contravvenzione, e il nostro codice proibisce la custodia cautelare in carcere per le contravvenzioni. In questo sta l'assurdità della legge: l'arresto è obbligatorio, ma il carcere è proibito. In poche ore, lo straniero torna nella clandestinità, in attesa del prossimo arresto, il prossimo processo, la prossima scarcerazione. Nel frattempo, la pratica è costata allo Stato - tra poliziotti, giudice, pubblico ministero, interprete e avvocato d'ufficio - non meno di due-tremila euro.

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01 giugno 2004
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