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L'Italia in guerra. Cosa succede veramente in Medioriente? Da chi ci vengono date le informazioni?

Tra smentite e verità mal celate, confusa e oscura la missione italiana in Medioriente

01 giugno 2004

"Quando avremo il corpo di mio fratello avremo il nostro regalo all'Italia".
Sono le parole di Fabio Amato, il fratello del giovane cuoco ucciso dai terroristi in Arabia Saudita.
Riprende le parole, agghiaccianti, della rivendicazione diffusa via Internet da Abdulaziz Al Muqrin, presunto capo di Al Qaeda in Arabia Saudita, in cui l'uccisione di Amato veniva definita "un regalo al governo italiano e al suo capo, sciocco e superbo".

L'uccisione di Amato ha dato il via a una nuova polemica ad alta intensità tra maggioranza e opposizione. Sul banco degli imputati è finito il ministro degli Esteri Frattini che fino a ieri mattina continuava a negare che tra gli ostaggi ci fosse un cittadino italiano.
Sulle polemiche tra l'opposizione e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, il presidente della Camera, Pierferdinando Casini, taglia corto: "Quanto sono distanti certe nostre piccole polemiche rispetto alle difficoltà del mondo ed alla situazione che ci troviamo ad affrontare".

Certo è che fino ad ora, l'esempio dato dal ministro degli Esteri non è dei migliori ed è palese per tutti, quanta poca chiarezza ci sia sempre stata nelle parole che il ministro Frattini ha sempre usato per descrivere la vera situazione dell'Italia in questa missione irachena che nessuno più crede essere di pace.

Il centrosinistra, di fronte alla tragica verità che è poi venuta fuori, ha quindi accusato la Farnesina di aver detto bugie o di essere incompetente o di aver nascosto per qualche ora la verità per non rivelare una nuova notizia luttuosa e ha chiesto con Violante che Frattini riferisca in Parlamento.
Il ministro degli Esteri è stato subito difeso dall'intervento di Berlusconi, secondo cui la Farnesina "rispondeva con i dati che aveva. E siccome questo italiano non aveva ancora registrato la sua presenza all'ambasciata, la Farnesina, anche affidandosi alle dichiarazioni che le erano pervenute dall'Arabia Saudita, non poteva fare altro che rendere note quelle dichiarazioni e le informazioni di cui era in possesso".

Eppure sono state protratte diciassette ore di smentite. "Non ci sono italiani tra i sequestrati di Khobar". Diciassette lunghissime ore e nessun tentennamento da parte dalla Farnesina: "Confermiamo: nessun nostro connazionale è nelle mani dei guerriglieri". Smentite su smentite fino a mezzogiorno dell'indomani.
Che ci potesse essere un italiano tra gli ostaggi dell’albergo "Oasis", era stato reso noto sabato sera dal gestore del complesso edilizio dove Antonio Amato, la vittima, lavorava. Diciassette ore di ritardi quasi a posticipare la verità, a negarla. Come se fosse preferibile affossare tutto ciò che di terribile avviene in Medioriente. Un tempo inspiegabile, a fronte di tanti, troppi segnali che indicavano il possibile rapimento di Amato. Il fatto, ad esempio, che il giovane cuoco mancasse all’appello non ha allarmato il ministero degli Esteri che fino all’ultimo ha negato. E in più c’è il giallo delle dichiarazioni dell’ambasciatore Sanguini in Arabia Saudita, che ad un’agenzia di stampa avrebbe detto di essere a conoscenza della cattura di Amato già da sabato. Dichiarazioni, poi, rettificate dal diplomatico.

Ritardi, smentite, rettifiche, troppa poca chiarezza, un comportamento delle autorità competenti fin troppo ambiguo, che è iniziato ad uscir fuori il giorno del fatidico ostaggio dei quattro italiani, che  fu annunciato da alcune fonti della stampa prima che fosse ufficializzato, quei tre ostaggi di cui non si sa che fine abbiano fatto.
Anche loro, come Antonio Amato, pochi giorni prima che il loro destino prendesse strade impensabili, ebbero a dire: "State tranquilli, qui va tutto bene".

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01 giugno 2004
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