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Le dichiarazioni spontanee di Calogero Mannino

Trattativa Stato-mafia: "Non ci poteva essere nessun rapporto tra tra me e Cosa nostra"

26 marzo 2015

La nomina di Nicola Mancino alla guida del Viminale, l'allarme attentati lanciato al Parlamento, ad aprile del 1992 dall'allora ministro dell'Interno Vincenzo Scotti, i suoi rapporti con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le minacce subite tra il '90 e il '91 sono stati gli argomenti al centro delle lunghe dichiarazioni spontanee che Calogero Mannino, ex politico Dc, ha reso oggi davanti al gup di Palermo Marina Petruzzella, che lo sta processando per la cosiddetta trattativa Stato-mafia, imputato per attentato a corpo politico dello Stato.


Calogero Mannino

"Non ci poteva essere nessun rapporto tra tra me e Cosa nostra", ha detto Mannino in uno dei passaggi delle sue dichiarazioni, respingendo più volte ogni ipotesi di avere svolto un ruolo nella presunta trattativa. "Per venticinque anni la mia vita è diventata la vita di un imputato permanente, ma mi chiedo imputato per che cosa?". "Mi difenderò nella serena convinzione delle ragioni della verità", ha detto.
Mannino viene giudicato separatamente dagli altri personaggi coinvolti nell'inchiesta sul presunto patto tra clan e pezzi delle istituzioni, avendo scelto il rito abbreviato.


Vincenzo Scotti

Dietro la nomina di Mancino al Viminale al posto di Scotti, che per la procura rappresenterebbe un cambio di passo voluto dello Stato della lotta alla mafia, con l'allontanamento di un ministro ritenuto troppo rigoroso, secondo Mannino ci sarebbero state solo esigenze politiche. Sarebbe stato necessario, infatti, trovare una collocazione a Mancino visto che il posto che ricopriva, come capogruppo al Senato, era andato al collega di partito Antonio Gava. Inoltre, secondo la ricostruzione dell'imputato, Scotti e tutta la sua corrente sarebbero stati ben lieti di approdare al ministero degli Esteri, incarico ritenuto molto prestigioso. Tanto che Scotti inizialmente avrebbe accettato il diktat del partito che costringeva i suoi a scegliere tra la carica di parlamentare e quella di ministro. "Non ci fu nessun disegno occulto - ha detto Mannino - : se poi Scotti, dopo 40 giorni, decise di lasciare il ministero degli esteri fu per una scelta personale".


Nicola Mancino

Mannino ha anche ricordato, a difesa di Mancino, che nel processo in ordinario sulla trattativa risponde di falsa testimonianza, che fu proprio l'ex ministro dell'Interno a salvare il maxi processo alla mafia attraverso un provvedimento legislativo.
Mannino ha ricordato l'allarme lanciato dall'ex ministro Scotti, dopo l'omicidio di Salvo Lima (ucciso nel marzo 1992 da Cosa nostra), su un rischio attentati e su un piano di destabilizzazione ordito da Cosa nostra, ricordando le reazioni "tiepide" di molti parlamentari.


Salvo Lima e Giulio Andreotti

Parlando poi della figura di Lima, l'ex ministro democristiano ha detto: "Io non ho mai fatto parallelismi tra me e la vicenda Lima. Non mi sono mai immedesimato nella sua storia. E lo dico con rispetto verso di lui e la sua verità".
Secondo la Procura di Palermo, l'ex politico, dopo l'assassinio di Lima, avrebbe avuto paura di essere lui il prossimo obiettivo di Cosa nostra. E per questo, aiutato dal generale del Ros Antonio Subranni, avrebbe avviato una trattativa con i boss. Mannino ha smentito anche di avere avuto rapporti "di amicizia con Subranni" ma solo formali. "Con Subranni - ha detto - non ho avuto i rapporti di confidenza che ho avuto con il generale Dalla Chiesa o altri ufficiali dell'Arma". Ha parlato invece degli stretti rapporti che lo legavano sia a Giovanni Falcone che a Paolo Borsellino e si è soffermato sulle minacce subite nel '90 e '91. "Le ho sempre denunciate - ha spiegato - facendo il mio dovere e comunque si tratta di episodi che temporalmente sono incompatibili con la ricostruzione dei pm".


Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L'imputato ha poi raccontato che il primo ad avere l'idea di nominare Giovanni Falcone alla direzione degli affari penali del ministero della giustizia fu l'ex Capo dello Stato Francesco Cossiga. Ha ancora ricordato che il suo partito, al contrario di altri, come il Pds e la Rete di Leoluca Orlando si opposero alla conversione del decreto legge che introdusse il carcere duro per i mafiosi.

Il gup Marina Petruzzella ha rinviato l'udienza a domani per la conclusione delle dichiarazioni spontanee di Mannino. Subito dopo parleranno i suoi legali: Grazia Volo, Carlo Federico Grosso e Marcello Montalbano.

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26 marzo 2015
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