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Ma oggi è un giorno di profondo dolore ad Aragona

Le polemiche dopo la tragedia di Macalube: l'aspro dibattito tra Legambiente e la Regione siciliana

30 settembre 2014

Si celebrano oggi i funerali di Laura e Carmelo Mulone, 7 e 9 anni, rimasti vittime dell'esplosione di un vulcanello nella riserva Macalube, nella chiesa della Madonna di Pompei, ad Aragona (Ag). Davanti la chiesa tantissimi fiori bianchi e gialli e decine e decine di carabinieri. Centinaia le persone accorse per assistere al funerale.
Oggi ad Aragona si comincia ad elaborare il lutto. Un dolore insopportabile per Rosario Mulone e Giovanna Lucchese, padre e madre dei fratellini.

Oltre al dolore, la vicenda giudiziaria. Ieri la Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo, ancora senza indagati, che ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo. Il procuratore capo Renato Di Natale, il pocuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Carlo Cinque hanno delegato le indagini ai carabinieri chiedendo l'acquisizione di documenti e parti. Tra le cose da accertare è la proprietà dell'area sulla quale è stata realizzata la riserva.
Sempre ieri, si è svolto alla Presidenza della Regione siciliana un vertice sul rischio nell'area della riserva naturale Macalube, interessate dal fenomeno dei vulcanelli. All'incontro erano presenti il governatore Rosario Crocetta, l'assessore al Territorio Piergiorgio Gerratana, i direttori dei dipartimenti Territorio e Protezione civile. Dal vertice sarebbe emerso che la zona teatro dell'incidente di sabato scorso "è gestita interamente da Legambiente, e in particolare il luogo specifico dove si trovavano le vittime, è destinato esclusivamente all'accesso per ricerche scientifiche".

"Il presidente della Regione e l'assessore hanno rappresentato ai direttori - hanno messo per iscritto in una nota - la necessità immediata di chiudere l'accesso per il pubblico a tutte le riserve interessate dal fenomeno dei vulcanelli in Sicilia, di affidare la custodia di tali zone al Corpo forestale e non a volontari, di provvedere alla recinzione di tutte le aree interessate, di affidare all'Istituto di vulcanologia uno studio per la valutazione dei rischi. Nei prossimi giorni - conclude la nota - la riserva verrà interessata da ispezioni tecniche e amministrative che dovranno valutare ciò che è accaduto".
Stizzita la replica di Legambiente: "Siamo sorpresi da quanto sostiene la Regione e non ci risulta che le cose stiano così. In attesa dei funerali dei bambini morti sabato scorso nella riserva Macalube di Aragona, ci asteniamo da ogni commento e non intendiamo entrare in polemica con la Regione". Queste le parole di Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia e direttore della riserva.
Pur essendo una collina millenaria, il fenomeno dei vulcanelli, ammette Legambiente, non è mai stato monitorato: nell'area non esistono centraline di osservazione, i controlli sono affidati all'occhio di alcuni "esperti". Fontana punta il dito verso i palazzi della Regione, che "non ha mai finanziato i nostri progetti per l'istallazione di impianti di controllo per mancanza di fondi". Accuse respinte con veemenza dal governatore Rosario Crocetta, che ha stabilito di istituire una commissione d'inchiesta sulla gestione della riserva.

Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, ribatte: "Non è il momento delle polemiche e della ricerca forzosa di colpevoli a tutti i costi". Per Cogliati Dezza "il problema vero riguarda il governo regionale della Sicilia, prima di Crocetta, con una progressiva riduzione di risorse per le riserve siciliane". Ci sono inoltre "difficoltà a fare previsioni in quella particolare riserva: è come se andando in montagna si volesse prevedere la caduta di massi da una parete di roccia. Non sono fattori prevedibili".
Dal dipartimento Ambiente della Regione però arrivano subito le puntualizzazioni. "L'area in cui è avvenuto la tragedia fa parte della riserva, ma non è demaniale in quanto acquisita da Legambiente nell'ambito di un programma Life". Non solo. Il dirigente generale, Gaetano Gullo, è perentorio: "Per quanto riguarda le centraline di monitoraggio, la Regione assegna dei fondi per le riserve, Legambiente ne gestisce sei e se le riteneva necessarie poteva comprarle con quei finanziamenti". E insiste: "Le accuse alla Regione sono assolutamente fuori luogo, è uno scaricabarile stupido: i vulcanelli non hanno mai rappresentato un problema e quanto accaduto non era prevedibile, ma è ingiusto scaricare responsabilità, ognuno si assuma le proprie".
Per la gestione della riserva di Macalube, Legambiente riceverebbe circa 100 mila euro all'anno.

"Vulcanelli, molto diffusi ma poco studiati" - Le esplosioni dei vulcanelli di fango, come quella avvenuta nella riserva Macalube ad Aragona-Caldare (Agrigento), sono tutt'altro che rare. "Non è possibile prevedere questi fenomeni naturali, ma è chiaro che bisogna studiarli per riuscire ad avere un sistema di monitoraggio e controllo simile a quello  utilizzato per vulcani e terremoti", osserva Rocco Favara, direttore della sezione di Palermo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
I vulcanelli sono quindi poco studiati, nonostante siano molto comuni in Sicilia, dove oltre che nella provincia di Agrigento si trovano nei pressi di Caltanissetta (dove è avvenuta un'esplosione nel 2008) e di Catania, vicino Paternò e Belpasso. Si trovano anche in altre regioni italiane, dalla Basilicata alla Calabria, fino a Campania, Lazio, Abruzzo, Marche ed Emilia Romagna.

Nel resto del mondo i vulcanelli di fango sono negli Stati Uniti, in particolare nel parco di Yellowstone, in Sudamerica (Venezuela e Colombia) e in Asia. Al largo del Pakistan, per esempio, nel 2009 è avvenuta un'esplosione così grande da generare un'isola.
Sono anche fenomeni noti da tempo: basti pensare, si rileva nel blog dell'Ingv dedicato ai terremoti, che lo stesso nome della riserva di Macalube "deriva dall'arabo Maqlùb che significa letteralmente 'ribaltamento', proprio per le sue caratteristiche geologiche di continua attività".
I vulcanelli di fango, spiega Favara, "sono vulcani in miniatura, ma naturalmente con molte differenze rispetto ai vulcani veri e propri". A provocarli, prosegue l'esperto, è la risalita di gas (in molti casi, come a Maccalube, si tratta di metano) e acqua dal sottosuolo. Nel momento in cui l'acqua attraversa zone ricche di argilla, questa diventa 'plastica'. Si forma così un materiale fluido che gradualmente viene portato verso la superficie dalla costante risalita dei gas e continua ad accumularsi fino al punto in cui la pressione dei gas non diventa tale da provocare una sorta di 'eruzione', un ribaltamento che può produrre emissioni di fango capaci di raggiungere un'altezza compresa fra 10 e 25 metri. "I vulcanelli di fango - osserva l'esperto - sono fra i tanti fenomeni cui è sottoposto il territorio italiano e andrebbero studiati con maggiore dettaglio. Purtroppo i soldi per poterlo fare sono pochi".

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30 settembre 2014
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