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No, al Colle i boss mafiosi non saliranno

Negata la presenza di Riina e Bagarella alla deposizione del capo dello Stato

09 ottobre 2014

I capimafia Totò Riina e Leoluca Bagarella non parteciperanno alla testimonianza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’udienza del processo Stato-Mafia fissata per il 28 ottobre al Quirinale. Neppure e l’ex ministro Nicola Mancino sarà presente.
La decisione è stata presa dalla Corte d’Assise di Palermo, rigettando l’istanza presentata dagli avvocati degli imputati nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.

La Procura aveva dato parere favorevole alla richiesta degli imputati di essere presenti all’audizione (LEGGI) ma la Corte d’Assise è di parere contrario. "L’esclusione non appare contrastare con le norme costituzionali ed europee", ha detto il presidente della Corte, Alfredo Montalto, leggendo nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo l’ordinanza. "La stessa Corte dei diritti dell'uomo prevede che la pubblicità del giudizio possa cedere a ragioni obiettive e razionali - recita ancora l'ordinanza dei giudici di Palermo - ragioni collegate a tutela di beni di rilevanza costituzionale". E a questo proposito Montalto cita le "speciali prerogative del presidente della Repubblica" e "l'immunità della sede, anche per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza nazionale".
Al Quirinale per la deposizione del capo dello Stato saranno dunque presenti soltanto i giudici di Palermo, i pubblici ministeri e agli avvocati di imputati e parti civili. Esclusa, ovviamente, anche la presenza del pubblico, ma l'udienza non sarà comunque segreta.

Uno dei legali di Mancino, Nicoletta Piergentili Piromallo, presente alla lettura dell’ordinanza ha detto: "Per noi l'ordinanza è nulla, in base all'articolo 178 del codice di procedura penale, perché viola il diritto dell'imputato Mancino di intervenire personalmente all'udienza". Una nullità che potrebbe avere effetti devastanti su tutto il processo, come ipotizzavano i pubblici ministeri. Ma al momento, la corte conferma la propria ordinanza. "Ne prendiamo atto", si è limita a dire il presidente della corte.

La deposizione di Napolitano - I pubblici ministeri vogliono sentire Napolitano sulla lettera che gli venne inviata dal suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio nel giugno di due anni fa.
Dopo le polemiche per le telefonate al Quirinale di Nicola Mancino, intercettato nell'ambito dell'inchiesta trattativa, D'Ambrosio ribadiva la sua correttezza, ma esprimeva un timore sugli anni in cui la trattativa si sarebbe consumata. Il timore "di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo fra il 1989 e il 1993". In quegli anni, D'Ambrosio era stato in servizio all'Alto commissariaro per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.
La procura vuole chiedere a Napolitano ulteriori notizie su quella lettera, resa nota dal Quirinale, e su quello sfogo. Nei mesi scorsi, il presidente ha però già fatto sapere di non aver ricevuto altre confidente dal suo consigliere, morto improvvisamente per un infarto due anni fa.

[Informazioni tratte da ANSA, Corriere.it, Repubblica/Palermo.it]

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09 ottobre 2014
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