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Prigionieri in Iraq

Sono siciliani due dei quattro italiani sequestrati dai mujahiddin iracheni. La Sicilia in Iraq di nuovo triste protagonista

14 aprile 2004

Adesso sono in tanti a pensare che l’Italia in Iraq non doveva proprio andarci, né per fare la guerra né per portare la pace. Ma certe amicizie costano care, e forse il rapimento dei quattro italiani avvenuto ieri corrisponde al prezzo da pagare quando il rappresentante di tutti gli italiani si prostra e promette eccessiva fedeltà ad un presidente come Bush, che si sta rivelando un imbroglione guerrafondaio.

E mentre il ministro degli esteri Frattini, con in faccia la solita, unica espressione che possiede, dice sia illogico e fuori discussione trattare con i gurriglieri iracheni, e che è un tremendo errore ritirare le truppe dall'Iraq, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi assicura che il governo farà tutto quanto è nelle sue possibilità per arrivare al più presto al rilascio dei quattro cittadini italiani bloccati in Iraq, pur ribadendo che la "missione di pace" dei soldati italiani in Iraq, in linea con gli impegni internazionali assunti, non è assolutamente in discussione.
Italiani, gente seria e responsabile…

In questa contestata guerra, che non piace più neanche a chi la reputava giusta ed essenziale per dare una grossa sfoltita al terrorismo internazionale, i siciliani stanno avendo un ben triste primato.
A Nassiriya, in quel maledetto 12 novembre del 2003, furono sei i siciliani caduti nell’attentato, poi rivendicato da Al Qaeda, e poi ancora dai rivoltosi iracheni, forse quegli stessi che adesso sotto il nome di Falangi di Maometto hanno sequestrato i nostri 4 connazionali, chiedendo subito il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq per la loro liberazione.

E’ stata Al Jazeera, l’ormai celebre televisione del Qatar,  a mostrare il video di circa un minuto con i quattro sequestrati: seduti a terra, con in mano i passaporti e circondati da combattenti iracheni armati di khalashnikov. L'espressione sui visi è inutile stare a descriverla, ma nessuno di loro sembra aver subito violenze.

I quattro italiani rapiti in Iraq hanno pronunciato i propri nomi ai microfoni di Al Jazeera:
Salvatore Stefio, 34 anni, Umberto Cupertino (35 anni, di Sammichele di Bari), Fabrizio Quattrocchi, Maurizio Agliana (37 anni, di Prato).
Da quanto si ricava da un'inquadratura di Al Jazeera il primo a mostrare il passaporto è Salvatore Stefio, nato il 2 marzo 1970 a Lentini, in provincia di Siracusa e che viveva con tutta la famiglia a Catenanuova (Enna). Un altro dei sequestrati, Fabrizio Quattrocchi, originario di Catania, ma che da anni vive a Genova con tutta la famiglia e la fidanzata. Quattrocchi, ha spiegato Roberto Gobbi, titolare della Ibsa - l'agenzia di "investigazioni, bonifica, servizi di sicurezza e allarmi" con cui il giovane collabora da due anni - viene dall'Esercito, dove aveva servito in fanteria.
"Executive Protection Training School E.P.T.S" è l'intestazione di un documento di Stefio, con l'indicazione "operatore della sicurezza", che la telecamera inquadra in dettaglio. Inoltre, accanto ai quattro italiani seduti, senza scarpe, viene inquadrata una mitraglietta con calcio metallico pieghevole, una scatola di cartucce, scarponcini da deserto, occhiali da sole, un pc portatile, rullini fotografici.
Salvatore Stefio, Fabrizio Quattrocchi, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana sono tutti vigilantes privati.
I quattro italiani sono dipendenti di una società americana di sicurezza - la Dts Llc Security, ha precisato in serata la Farnesina - e stavano lasciando Bagdad per il confine giordano ieri pomeriggio, secondo quanto ha ricostruito il ministero degli esteri. I quattro facevano in sostanza parte di un enorme esercito di ventura che si è costituito in Iraq che spesso sfugge al controllo della rete informativa dei rispettivi governi. Sono uomini bene addestrati e bene armati che, con ingaggi altissimi, devono garantire la sicurezza dei privati che hanno bisogno di spostarsi nel Paese.

In tutta questa storia di disarmante e straziante chiarezza, aleggia però più di un mistero: innazi tutto il mistero sullo strano annuncio del rapimento di pochi giorni, annuncio che si riferiva sì al sequestro di quattro italiani, ma che, a quanto pare, ancora non erano stati rapiti; poi quello sulla società americana per cui lavorerebbero gli italiani: la Dts Security con sede in Virginia, inizialmente indicata come la compagnia appaltatrice degli italiani, ha smentito di avere dipendenti italiani. In serata la Farnesina ha replicato che i quattro rapiti lavoravano per la Dts Llc security con sede in Nevada. Non si sa se si tratti di una ramificazione della prima società che, in ogni caso, offre sicurezza.
La spiegazione si troverebbe nel fatto che questo tipo di compagnie vogliano mantenere il riserbo sui loro uomini e sulle loro attività nel mondo.

Stavano tutti per ritornare alle loro famiglie. Si erano tutti augurati una buona Pasqua.
Invece i mujahiddin iracheni hanno avuto successo nella loro missione di tagliare il cammino ai rinforzi destinati alle forze americane intorno alla città di Falluja, "arrestando", questo il termine usato da loro, quattro elementi dell'apparato di sicurezza italiano che sosteneva le forze d'occupazione americane.
E non li rilasceranno fino a quando il governo italiano non ritirerà le sue forze dall'Iraq entro un caledario stabilito. Non li rilasceranno fino a quando il governo italiano, per voce del Premier, presenterà le scuse ufficiali attraverso le emittenti satellitari arabe per le trasgressioni contro l'Islam e i musulmani. Non li rilasceranno fino a quando il governo italiano non libererà i detenuti iracheni, tra i quali dignitari religiosi.

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14 aprile 2004
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