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Rotta verso la speranza

Sono oltre 200 gli immigrati provenienti dal nord Africa sbarcati a Lampedusa negli ultimi due giorni

21 giugno 2004

E' ritornato quotidiano l'avvistamento a largo di Lampedusa (AG) di imbarcazioni cariche di immigrati clandestini provenienti per la maggior parte dal centro e dal nord Africa.
Negli ultimi due giorni sono state oltre duecento le anime salvate dalle acque del Canale di Sicilia, che hanno sfidato la sorte, imbarcandosi in barconi inutilizzabili che invece vengono usate per trasportare carichi di centinaia di persone, che spesso hanno pagato quest'infernale viaggio con i risparmi di una vita.

Domenica, 20 giugno, sono stati 135 i clandestini salvati dalla Marina Militare, dopo essere stati intercettati a bordo di un'imbarcazione in legno a 15 miglia a sud di Lampedusa. Centotrentacinque clandestini, fra i quali diversi minorenni che sono salpati dalla Palestina, dal Bangladesh, dall'Iraq e dal Marocco, per sfuggire alla guerra e alla miseria e che disperati si sono buttati tra le fauci del mare, che diventano ancora più terribili perché fatte spalancare dalla criminalità.
Altri due barconi in avaria con a bordo 197 persone, sono stati avvistati e soccorsi nella notte.

I flussi di emigrazione clandestina provengono soprattutto dall'Africa - per disperazione, assenza di prospettive, sottosviluppo, anarchia sociale - dall'Asia - essenzialmente per la pressione demografica dei suoi abitanti, anche se le condizioni economiche d'origine contribuiscono - e dagli scenari di guerra, un po' dovunque.
Risolvere il serio problema di questa invasione si è dimostrato fino ad ora  difficilissimo; qualsiasi tattiche di sorveglianza e intercettazione, qualsiasi emanazione di legge - dalle più impopolari e repressive alle più accoglienti ed utopiche - si è dimostrata inefficente, e per i desperados del Quarto e Terzo Mondo non esiste altro che provare a farcela.

Il gradiente di benessere fra loro e noi è troppo accentuato e il problema si esaurirà solo quando il differenziale delle condizioni di vita fra i Paesi di origine e il mondo avanzato si farà meno accentuato e drammatico.
Sarebbe l'unica soluzione ovvia quella di ridurre il differenziale.
Ovviamente la riduzione del gap esistenziale tra i paesi che nell'immigrazione trovano l'unica speranza e i paesi che si vedono arrivare le orde di disperati ha un attuazione che va a scontrarsi con problemi politici di immane statura. La sola politica efficace per fare via via cessare gli sbarchi, quindi, sarebbe quella di riuscire a controllare onda per onda e duna per duna i 7000 kilometri di costa del nostro territorio, o almeno i 2-3000 più esposti, disponendo delle risorse operative che facciano fisicamente rispettare leggi forzatamente non adeguate, un po' dovunque. 
Ambedue le strategie sono impossibili.

Sembra non rimanga altro che stare ad aspettare il prossimo avvistamento, il prossimo disperato soccorso, la prossima accoglienza fatta per cercare di rimandare tutti a casa, la prossima minaccia repressiva che poi goffamente si incarta nella sua stessa asfissiante burocrazia.
Sembra non rimanga altro che aspettare la prossima immane tragedia, per far sollevare la testa ai politici che con il cuore colmo di dispiacere (come ci tengono sempre a sottolineare) diranno, per l'ennesima volta: "Si deve fare qualcosa! Si deve fare di più!"...

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21 giugno 2004
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